Nato nel 1403, Giorgio Castriota fu inviato nel 1415, come ostaggio, alla corte del sultano Maometto I, che gli diede il nome di Alessandro1. Il giovane ostaggio si segnalò presto per la sua forza straordinaria e per la sua audacia nelle guerre asiatiche; appunto per queste sue doti fisiche e morali, il sultano gli affidò il comando di importanti forze nelle guerre contro i Serbi, gli Ungheresi e i Veneziani.
Ma l’Islam non era penetrato a fondo nella sua anima e, nel 1443, abbandonò le insegne del sultano Murad II, il cui esercito era stato disastrosamente sconfitto a Nis dall’eroe ungherese Giovanni Hunyadi. Nel disordine seguito alla disfatta delle forze musulmane, il Castriota, con una truppa di soltanto trecento Albanesi, raggiunse la sua patria d’origine e, con l’afflusso di altri guerrieri albanesi, si fece consegnare la cittadella Croia. Forse l’unico neo negativo nella vita dello Scanderbeg è costituito dal massacro di tutti i Musulmani che avevano rifiutato il battesimo.
La sua clamorosa defezione, il suo ritorno alla fede cattolica e il successo delle sue prime imprese, gli diedero ben presto un prestigio internazionale. I vari clan albanesi si strinsero intorno a lui e lo proclamarono Capitano Generale dell'Albania. Potenze cristiane e il papato gli diedero incoraggiamenti e promesse d'aiuto; Venezia scrisse addirittura il suo nome nel Libro d'Oro della nobiltà.
Nella lotta che, per venti anni, sostenne contro gli Ottomani, Scanderbeg fu quasi sempre solo e potè contare sul suo piccolo esercito che non superò mai i ventimila uomini. Le sue vittorie si devono soprattutto al suo straordinario valore, alla sua audacia e alla conoscenza che aveva dei luoghi. Tra il 1443 e il 1448 sconfisse quattro eserciti turchi; nel 1449, il sultano Murad II, successo a Maometto I, intraprese personalmente una spedizione contro l'antico paggio, con un esercito di centomila guerrieri. Conquistò, è vero, alcune forti posizioni, ma fu costretto dalla a guerriglia albanese a ritirarsi sulle posizioni da cui era partito.
Maometto II, successo a Murad II nel 451, guadagnò alla sua impresa bellica alcuni capi albanesi, con promesse e oro. La defezione di qualcuno di essi, suscitò delle guerriglie interne. Tutto questo disordine partigiano si infranse contro il valore dell'eroe nazionale, che respinse le milizie ottomane e i capi insorti.
Nel 1459 Scanderbeg si recò in Italia per portare aiuto al re di Napoli, Ferdinando, in lotta con Giovanni d'Angiò pretendente al trono. Con la vittoria delle armate di Ferdinando, capitanate dallo Scanderbeg, l’Albanese ricevette in ricompensa le città di Trani, di Monte Gargano e di San Giovanni Rotondo.
Tornato in patria, vinse i generali turchi e, nel maggio 1461, ottenne da Maometto II il riconoscimento delle sue conquiste. La pace tra i due doveva durare dieci anni, ma Scanderbeg - appena due anni dopo e su sollecitazione del papa Pio II2 - riprese le ostilità, esposto alla giusta ira di Maometto II che, deciso a domare il fiero avversario, venne in persona in Albania, con un esercito di circa duecentomila guerrieri. Scanderbeg, di fronte alla schiacciante superiorità delle forze nemiche, evitò le battaglie campaili, limitandosi a molestare le milizie ottomane con attacchi improvvisi.
Questa tattica, e l’eroica resistenza delle forze di Scanderbeg, stancarono Maometto II, che si ritirò, lasciando il comando delle sue forze ad uno dei suoi generali.
Tra il dicembre del 1466 e la primavera del 1467, Scanderbeg venne in Italia per cercare aiuti militari; ne ebbe qualcosa soltanto da Venezia, che gli diede tredicimila guerrieri.
Sbarcato a Durazzo, Scanderbeg - malgrado le esiguità delle sue forze armate - assalì l’esercito ottomano, ai quale inflisse brucianti sconfitte.
Ritirandosi ad Alessio, per raccogliere nuovi aderenti alla sua causa, Scanderbeg morì di febbre violenta il 7 gennaio del 1468, mentre era intento a riunire a congresso i maggiori principi albanesi3.
Con la sua morte, l’Albania fu in breve occupata dai Turchi.
NOTE STORICHE SULL’ALBANIA
Il secolo XI segnò un periodo decisivo nella storia dell'Albania. Il nome stesso di Albania era adoperato dagli scrittori bizantini a partire da questa età. Si intensificarono i rapporti commerciali con le repubbliche marinare di Venezia e di Amalfi: gli Amalfitani fondarono una loro signoria a Durazzo, e i Veneziani stabilirono municipalità a Scutari e ad Alessio.
I Normanni, assicurato il loro dominio nell'Italia del Mezzogiorno, intervennero in Albania per i legami di parentela tra Roberto Guiscardo e l’imperatore Michele Duca. Contro il Guiscardo, Alessio Comneno successo al Duca sul trono di Bisanzio, fece ricorso all'aiuto di Venezia; il Guiscardo, perdute quasi tutte le province albanesi, morì di peste, durante l'assedio di Cefalonia.
L’azione del Guiscardo, tuttavia, segnò l’inizio di un’azione politica che venne continuata per secoli: normanni, svevi e angioini proseguirono una politica albanese che rese più forti e continui i legami - politici, economici e morali - dell’Albania con l’Italia.
La quarta Crociata, invece di liberare il Santo Sepolcro dalle mani dei Musulmani, riconquistò Zara ai Veneziani e costituì in Costantinopoli l'impero feudale latino di Baldovino. A Venezia fu dato il possesso nominale di tutta l'Albania e l'Epiro. Comunque, Venezia perdette i possedimenti albanesi nel 1214, a seguito delle vittorie di Teodoro Angelo. Nel 1259, tutta l'Albania passò a Manfredi di Svevia, in dote della moglie Elena Angelo. Ucciso poi Manfredi, nella battaglia di Benevento del 1266, Carlo d'Angiò prese possesso dei domìni albanesi.
Lo zar bulgaro Giovanni Asjan II prese prigioniero Teodoro, gli cavò le orbite, e portò il secondo impero bulgaro fino all'Adriatico. Sulle rovine di questo secondo impero si elevò la signoria dei re serbi: Stefano Dusan (1331-1355) assunse il nome di Zar dei Serbi, dei Greci, dei Bulgari e degli Albanesi.
Nel 1363 Durazzo fu perduta per gli Angioini di Napoli, per opera di un Carlo Topia. nato da una figlia naturale di Roberto di Napoli. Questo Topia si volse per aiuto ai Turchi Ottomani che,con Murad I, erano passati dall'Asia Minore all'Europa. Carlo Topia rientrò in possesso di Durazzo, ma i Turchi occuparono larghi tratti dell'Albania.
Quasi un secolo, tra il 1363 e il 1443, la storia è priva di interesse, almeno per noi.
Nel 1443 l'eroe ungherese Giovanni Hunyadi inflisse, presso Nis, una grave sconfitta all’esercito di Murad II. Il Castriota (Scanderbeg), nel disordine che seguì alla disfatta, con una truppa di trecento Albanesi estorse al sultano un atto con il quale egli era nominato governatore d Croia; raggiunse l’Albania e si fece consegnare la cittadella di Croia dal governatore Sabel pascià per un ottenuto decreto. Nella stessa notte, tutti i Musulmani che rifiutarono il battesimo, furono massacrati. Scanderbeg occupò le principali piazze forti che dominavano i passaggi montani.
Nel 1444, Scanderbeg venne nominato capo e si iniziò la gloriosa serie delle sue campagne contro gli Ottomani. Tra il 1444 e il 1453 Scanderbeg sconfisse del tutto i Turchi che avevano truppe di molto superiori. Fu aiutato vigorosamente da Alfonso il Magnanimo, re di Napoli4.
Nel 1454, il sultano Maometto II offrì allo Scanderbeg la pace, a patto di una sottomissione, e attirò alla sua causa gli alleati dello Scanderbeg. A motivo del suo rifiuto, fu costretto - tra il 1455 e il 1457- a combattere alcuni suoi ex alleati, tra cui il proprio nipote Hamzah. Il risultato fu una serie di vittorie di Scanderbeg.
Maometto II era impegnato, nello stesso arco di tempo, a combattere in Serbia il reggente di Ungheria, Giovanni Hunyadi (1387- 1455), il più celebre eroe della lotta dei Cristiani contro i Turchi, e una delle più grandiose figure della storia ungherese. Fu suo merito se la nazione magiara rinsaldò la sua posizione nei Balcani di fronte all'ondata turca. Il suo genio militare e il suo sentimento cattolico lo fanno paragonare ai più famosi capi delle Crociate medievali. Particolare interesse ebbe la politica di Hunyadi in Albania, ove sostenne vigorosamente, almeno per alcuni anni, lo Scanderbeg in lotta con i Turchi.
Tra il 1457 e il 1462, Scanderbeg sconfisse gli eserciti turchi a Akoplje e a Livea. Nella vittoria di Livea, Maometto II firmò una tregua, alla quale avrebbero dovuto seguire le trattative di pace. Ma l’armistizio durò appena un anno, perché i sovrani dell’Occidente e lo stesso pontefice Pio II spingevano il Castriota a proseguire la lotta como i Musulmani. Altre vittorie arrisero allo Scanderbeg; e Maometto II, intervenuto personalmente all’assedio di Croia, nel luglio del 1465 abbandonò l'impresa.
Due anni dopo, purtroppo per l'Albania e per il mondo cattolico di allora, Giorgio Castriota morì di febbre in Albania. Con la morte dello Scanderbeg ebbe fine la lega albanese. Alcuni scrittori, contemporanei e successivi, fecero dello Scanderbeg il sovrano di un vasto paese; nella realtà storica, l’eroe albanese fu un capo militare al quale arrisero molte vittorie. Morto Scanderbeg, i capi delle tribù dell'Albania si sottomisero alla potenza militare del sultano Maometto II. L'Albania fu interamente occupata dai Turchi, ad eccezione di Scutari e alcune città della costa,difese dai Veneziani.
Molti cittadini di Scutari emigrarono a Venezia, i cui Dogi dettero loro terre, cariche ed onori. Altri contingenti di Albanesi, sempre per sfuggire alla dominazione turca, emigrarono nell’Italia meridionale e nella Sicilia, e vi presero stabile dimora. Le colonie degli emigrati albanesi fanno parte, da allora alla vigilia del Duemila, dei cittadini italiani.
CITTÀ SICILIANE IN CUI EMIGRARONO GLI ALBANESI PER SEMPRE
Piana dei Greci, cittadini in provincia di Palermo. Gli abitanti sono albanesi d'origine. Il termine “dei Greci” è un errore popolare della Sicilia, che si spiega con il rito grecocattolico, al cui culto gli abitanti della Piana sono fortemente attaccati. La lingua, anche ora, è un dialetto albanese. I loro antenati, per la morte dell’eroe nazionale Scanderbeg, emigrarono in Sicilia e si stabilirono, nel 1488, nella “piana” che l’arcivescovo di Monreale loro concesse.
San Cipirello, paese della provincia di Palermo, alle falde del monte Lato, famoso perchè distrutto da Federico II di Svevia nel 1224, che ne trasportò altrove gli abitanti musulmani.
Santa Cristina Gela, paese in provincia di Palermo, edificato sopra un colle in luogo ridente, da cui domina il vallone di Malanoce. È a quattro chilometri da Piana dei Greci. È come una colonia del centro albanese, con cui ha in comune la lingua, la religione e i costumi.
Contessa Entellina, a 14 chilometri da Corleone. Contessa ebbe origine e nome da Caterina Cardona, contessa di Chiusa, che nel 1450 vi accolse una colonia di Albanesi, i discendenti dei quali conservano ancora l’uso del loro idioma. L’aggiuntivo di “Entellina” è per la prossimità dell'antichissima Entella, distrutta nel 1224 dall'imperatore Federico II.
Gli Albanesi vennero nell’Italia meridionale a varie riprese, dalla metà del Quattrocento in poi. Il primo contingente giunse per invito di Alfonso I d’Aragona che, in stretti rapporti con l'Albania, si servì dei militari albanesi per domare una rivolta in Calabria. Esaurito il compito militare, buona parte degli Albanesi popolarono la Calabria e, altra buona parte, si trasferirono in Sicilia.
L'immigrazione si accentuò per i soccorsi dati da Giorgio Castriota Scanderbeg al re Ferdinando I5, nelle lotte sostenute dalla monarchia napoletana contro gli Angioini, che pretendevano il trono di Napoli.
Morto Scanderbeg, l’Albania venne in mano turca e i Cristiani preferirono scegliere la via dell’esilio.
Quando Irene Castriota, figlia di Scanderbeg, andò sposa al principe di Bisignano, grande feudatario della Calabria, molti Albanesi seguirono, nel 1470, la loro connazionale.
In genere, gli Albanesi immigrati in bassa Italia, erano soldati e contadini. Nella religione gli albanesi seguivano il rito greco, piuttosto che latino.
In Sicilia, ai primi Albanesi si aggiunsero altri Albanesi che, tra il 1480 e il 1501, popolarono Piana dei Greci, Santa Cristina Gela, Contessa Entellina e San Cipirello. Nel resto dell’Italia, gli Albanesi si insediarono in Avellino, Campobasso, Catanzaro, Foggia, Lecce e Palermo.
Giovanni Modica Scala
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1. In turco: Iskander, con il titolo di ‘beg’: Scanderbeg.
2. Pio II (Enea Silvio Piccolomini) fu, nel 1440, segretario del papa Felice V, al secolo Amedeo VIII di Savoia. Con il suo "Libellus” difese l'autorità del concilio sul pontefice. Nel 1442 ebbe, da Federico III, la corona di poeta. Fatto vescovo di Siena, il 23 settembre del 1450, concluse le trattative per il matrimonio di Federico III con Eleonora di Portogallo e, a Roma, quelle per la coronazione imperiale di Federico, che lo premiò con il titolo di principe. Nel 1458 fu eletto pontefice. Giunse a sognare la conversione di Maometto II, a cui diresse, con la ingenuità di un predicatore, una lettera per farlo cristiano e imperatore d'Oriente. Si oppose fieramente al permanere della schiavitù e migliorò le condizioni degli Ebrei nello Stato pontificio. Morì il 15 agosto del 1464, ad Ancona.
3. Cfr. Angelo Pernice, in E1T, voi. XXX, p. 1012.
4. Cfr. Alfonso V d’Aragona, IV di Catalogna, I di Napoli, il Magnanimo, in EIC vol.II, p. 400.
5. Ferdinando I d’Aragona, re di Napoli, nato il 1431. Nell’ottobre del 1460, Ferdinando ottenne preziose schiere di Albanesi, capitanate da Scanderbeg. Il 18 agosto 1462, re Ferdinando riportò una decisiva vittoria sull'Angioino. La morte, giunta a re Ferdinando il 25 gennaio del 1494, gli impedì di vedere la tragica fine del suo regno.